SOCI ASS. EUPRAXIA
FAQ
Domande frequentiCONOSCIAMO LA DIETA CHETOGENICA
È una condizione metabolica in cui il corpo produce corpi chetonici.
È un regime alimentare che prevede la riduzione al minimo dell’apporto di carboidrati con il fine di indurre l’organismo a produrre corpi chetonici a partire dal grasso endogeno o esogeno, simulando il fisiologico stato di chetosi indotto dal digiuno. L’apporto dei macronutrienti va calcolato a seconda dei fabbisogni individuali.
Tutte le diete chetogeniche possono esser definite anche “low carb” (a basso contenuto di carboidrati), ma non è vero il contrario: non tutte le diete low carb inducono la chetosi. Affinchè ciò avvenga, occorre che l’apporto giornaliero in carboidrati sia molto ridotto (sotto una soglia che varia individualmente e solitamente non supera i 30-50 grammi giornalieri) e che l’apporto proteico non sia eccessivo in relazione al fabbisogno del soggetto.
È possibile misurare indirettamente il proprio stato di chetosi attraverso la valutazione della chetonuria (eliminazione dei corpi chetonici nelle urine) attraverso stick specifici. Esistono anche dei test che sfruttano l’escrezione di acetone mediante l’espirazione. Test con maggiore sensibilità, ma più costosi, consentono la misura diretta della chetonemia (presenza di chetoni nel sangue) tramite prelievo o misurazioni da sangue capillare con kit domiciliari appositi.
I vantaggi del protocollo nel mondo del dimagrimento sono la fisiologica riduzione dell’appetito, oltre alla selettività e rapidità in termini di dimagrimento, con conseguente aumento della compliance. In altri casi, il fine è terapeutico nei confronti di specifiche patologie per cui si è ricevuta la prescrizione come monoterapia, o coadivante una terapia farmacologica.
Nei primi giorni di dieta si può verificare uno stato di spossatezza accompagnato ad un lieve mal di testa (determinato da una competizione a livello encefalico tra glucosio e corpi chetonici), definito “keto-flue”, che rappresenta la fase di adattamento metabolico che solitamente regredisce a partire dopo i primi due o tre giorni dal suo inizio. Frequentemente si riscontra stipsi, per il ridotto apporto in termini di volume dei pasti e di fibre (poiché si limitano le porzioni di verdure), che può essere trattato con la correzione dell’apporto idrico, laddove non risulti essere sufficiente, incoraggiamento a svolgere dell’attività fisica leggera, o ovviato tramite l’integrazione con probiotici o lassativi, a seconda dei casi. In genere se vi è spossatezza e crampi agli arti inferiori vi è una cattiva gestione dei liquidi e dei sali minerali da parte del paziente, che andrà corretta. Altri sintomi minori, come l’alitosi, si possono facilmente ovviare tramite l’utilizzo di chewing-gum o caramelle prive di zucchero. In alcuni pazienti nel lungo termine si sono verificati casi di osteoporosi e litiasi biliare e renale, facilemente prevenibili con le opportune integrazioni.
COME POSSO CAPIRE SE LA DIETA È ADATTA A ME?
In ambito medico la dieta presenta numerosi target terapeutici, per ciascuno dei quali ci sono differenze tra protocollo e protocollo: anche per questo si parla di “diete chetogeniche”. Tra le maggiori applicazioni vi sono le patologie neurologiche (per le quali la dieta fu formulata originariamente); in particolar modo l’epilessia pediatrica refrattaria alla terapia farmacologica e l’emicrania. Di recente vi sono alcune evidenze anche in merito ad alcuni tumori celebrali e malattie neurodegenerative. Tra gli ambiti di maggiore applicazione vi sono poi il dimagrimento, la cura della sindrome metabolica e delle patologie cronico-degenerative ad essa correlate come il diabete mellito di tipo 2, ipercolesterolemia, ipertensione, patologie infiammatorie. Di recente applicazione vi è l’utilizzo della dieta nel trattamento di alcune patologie metaboliche rare, come il deficit della GLUT1 e alcune forme di glicogenosi.
Tra le controindicazioni assolute vi sono le patologie del metabolismo dei grassi, il diabete mellito di tipo 1 (controindicazione relativa), ictus e infarti avvenuti in tempi recenti, insufficienza renale cronica, gravidanza e allattamento. Occorre valutare l’idoneità alla terapia in pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare.
Mancando studi idonei in tal senso, valgono le norme di massima cautela possibile, pertanto non è consigliata.
La dieta, a causa della carenza di carboidrati, è volutamente sbilanciata: prevede un apporto in macronutrienti calcolato a seconda degli specifici fabbisogni di ciascun paziente, e per questo è necessaria la valutazione di un professionista. La gestione della dieta in termini di integrazioni, effetti collaterali, transizione ad un diverso regime alimentare, non possono prescindere dall’assistenza di un professionista della nutrizione.
Ci sono, ma sono prevalentemente a uso dello specialista. Chi si accinge a seguire la dieta deve sempre tener presente che si tratta di un regime alimentare squilibrato, per cui è necessario essere sempre seguiti da un professionista della nutrizione esperto in chetogenesi.
Le figure professionali legalmente abilitate alla prescizione di diete sono il medico, il biologo nutrizionista e il dietista affiancato da un medico.
ALIMENTI Sì, ALIMENTI NO, INTEGRATORI… PERCHE’?
Sì, è possibile.
In generale, non esiste un alimento che sia assolutamente proibito o consentito, ciò che spesso fa la differenza tra il poter e non poter mangiare, è nella dose. Premesso questo, gli alimenti consentiti variano a seconda dei protocolli speicifici e all’obiettivo terapeutico mirato: solitamente sono consentiti gli alimenti contenenti le proteine di origine animale, quali carne, pesce, uova e alcuni tipi di formaggi. Anche le proteine vegetali, se isolate dai carboidrati, possono essere consumate. È consentito l’utilizzo dell’olio extra vergine di oliva e, dove previsto, anche tipologie di grassi diversi quali burro, olio di cocco, semi oleosi. È consentito poi il consumo di limitate porzioni di alcune tipologie di verdure, semi oleosi, e in alcuni casi anche piccole quantità di bacche. Durante la dieta non è possibile mangiare: latte, frutta, pane, pasta, patate, carote, riso, altri cereali e/o legumi, dolci, bevande zuccherate, caffè d’orzo o ginseng e tutto quanto contiene glucidi o qualunque altro alimento non espressamente specificato nella dieta.
Considerando che solitamente i carboidrati assunti provengono dalle porzioni di verdura consumate durante i pasti principali, per poter consumare anche minime quantità di frutta rispettando i fabbisogni glucidici, sarebbe necessario evitare le prime. Oltre ad un discorso quantitativo, che vedrebbe l’assunzione di porzioni estremamente limitate di frutta (ad esempio, i carboidrati di mezzo Kiwi corrispondono ad un piatto abbondante di insalata), si andrebbero a limitare quei componenti nutrizionali (in particolar modo fibre e sali minerali) ben rappresentati in una porzione da 200 grammi di verdura.
Tuttavia in alcuni paesi, come quelli scandinavi, è tradizione accompagnare carni come la selvaggina con frutti rossi, che andrebbero così a sostituire la verdura complementando, il pasto (come detto, le bacche e i frutti di bosco sono tra i frutti aventi minor apporto glucidico e pertanto è possibile consumarne una discreta porzione, sempre in accordo con il piano nutrizionale formulato dal professionista da cui si è seguiti).
Alcuni tipi di vino e bevande alcoliche, in determinante quantità, possono non inficiare lo stato di chetosi, a patto che il loro consumo sia permesso nel piano nutrizionale specifico. Occorre ricordare, però che gli alcolici rallentano il dimagrimento e vengono smaltiti più lenamente durante lo stato di chetosi (quindi ci si ubriaca prima e più a lungo).
È una fase di riadattamento dell’organismo al consumo di carboidrati, la cui durata è solitamente proporzionale al periodo di tempo per cui è stata seguita la dieta chetogenica. È mirata alla reintroduzione graduale sia quantitativativa che qualitativa degli alimenti glucidici. Nel caso di diete prevalentemente lipidiche (ad alto “rapporto chetogenico”), occorre ridurre lentamente il rapporto chetogenico, riducendo progressivamente la quota lipidica nell’alimentazione.
Sì, è necessaria. In particolar modo l’apporto di cationi (minerali aventi carica positiva) è indispensabile.
Nel campo del dimagrimento, il sostitutivo dei pasti è generalmente un prodotto alimentare formulato con proteine ad alto indice chimico (ovvero con alto contenuto in amminacidi essenziali) ed è privo di grassi alimentari; permette una maggior velocità, qualità e salubrità del dimagrimento e di esemplificare lo schema alimentare nel paziente alle prime armi con la dieta e con necessità pratiche di consumo dei pasti fuori casa, che spesso è richiesta ed è fondamentale per la compliance alla dieta. Il nostro corpo opera infatti una ritenzione massima degli amminoacidi essenziali poiché non è in grado di sintetizzarli endogenamente e questo permette a parità di grammi assunti un’assimilabilità superiore delle proteine dell’integratore rispetto a quella che avviene con le proteine alimentari e con un minimo scarto azotato a livello dell’emuntorio renale, assicurando la sicurezza della dieta in special modo se condotta a lungo termine. Discorso analogo può essere fatto per i prodotti sostitutivi, o i supplementi, di tipo lipidico, idonei per chi dovesse seguire una dieta chetogenica normocalorica a scopi terapeutici: la formulazione di questi prodotti è tale da consentire un apporto di acidi grassi essenziali e di limitare quelli maggiormente insalubri, a vantaggio del conenimento del peso e della salute del sistema vascolare.
Per polveri proteiche si intendono polveri prodotte a partire dall’isolamento tramite diversi metodi di proteine alimentari di origine animale o vegetale. Consentono l’apporto mirato e specifico di alcuni tipi di proteine e aminoacidi, con la finalità di aumentare la qualità dell’apporto proteico (in termini di amminoacidi essenziali), addattare l’apporto proteico ad obiettivi specifici (pre-durante-post attività fisica), limitare l’apporto di macronutrienti alimentari (quali grassi del mondo animale e glucidi del mondo vegetale), praticità di utilizzo.
Sì, è possibile, rivolgendosi a personale altamente qualificato in entrambe le discipline.
E SE SI COMMETTONO ERRORI?
In questo tipo di dieta esistono 2 tipi di violazione del protocollo. Uno qualitativo e uno quantitativo. Il primo si realizza quando la dieta, a causa dell’aumentato apporto glucidico, cambi di qualità, cioè diventando “non chetogenica”, ciò potrebbe non arrestare il percorso dimagrante (ad esempio, mangiando una carota intera non si ingrassa, ma si può uscire dalla chetosi), ma potrebba causare la ricomparsa dell’appetito (nel caso di dimagrimento), o delle crisi epilettiche (nel caso di una dieta a scopo terappeutico). Lo sgarro quantitativo si realizza quando la violazione del protocollo non determini l’uscita dallo stato di chetosi ma l’eccesso di alimenti consentiti (ad esempio, proteine e grassi) che potrebbero comportare un blocco del dimagrimento.
Il recupero è funzionale all’obiettivo primario per il quale si segue la dieta. Nel caso del dimagrimento è sufficiente “rimettersi in riga” o praticare dell’attività fisica per facilitare l’induzione alla chetosi. In alcuni casi specifici in cui la chetonemia deve mantenersi costante e non inferiore a determinati valori, è necessario riparare prontamente l’errore, solitamente aumentando l’apporto in grassi anche specifici per aiutare la produzione di chetoni, come l’olio MCT.
ALTRE QUESTIONI
È frequente che si verifichino modifiche del ciclo mestruale nelle donne che seguono la dieta chetogenica dimagrante. Vi sono sia casi di oligomenorrea o amenorrea dovuti probabilmente alla rapidità della perdita di tessuto adiposo, solitamente reversibili nel corso del tempo. In altre situazioni vi è invece la regolarizzazione del ciclo mestruale laddove vi siano alterazioni legate a quadri metabolici, come nel caso policistosi ovarica. Alcune donne, infine, riportano una riduzione dei sintomi dolorosi correlati al ciclo (dismenorrea), sia essa fisiologica o patologica (endometriosi).
Come detto, in alcuni casi specifici, come nel caso della policistosi ovarica, patologia di tipo metabolico in cui vi è un’aumentata produzione insulinica determinante l’alterazione della produzione degli estrogeni, vi sono suggestoni che la dieta porti alla regolarizzazione del ciclo mestruale conseguente alla normalizzazione del quadro insulinico. Secondo alcune evidenze sembrerebbe inoltre che in chetosi aumenti la possibilità che l’ovulo fecondato attecchisca sulla parete uterina facilitando il concepimento, ma per ora sono dati che necessitano ulteriori conferme.
Vi sono dei casi in cui si verifica questo effetto collaterale. Solitamente si consiglia l’integrazione con alcuni micronutrienti specifici quali selenio, zinco, ferro, aminoacidi e acidi grassi essenziali, e vitamine del gruppo B.
Come in tutti i regimi alimentari, questo risulta possibile se si assimilano più calorie di quanto l’organismo necessiti. Anche in un regime chetogenico normocalorico è opportuno che l’apporto energetico sia bilanciato in base ai propri fabbisogni e al dispendio energetico.
Mancano daiti in proposito, ma anche grazie all’effetto antinfiammatorio dei corpi chetonici, molti pazienti riferiscono una riduzione dei sintomi delle tipiche allergie stagionali durante la chetogenesi.
È possibile svolgere attività fisica, auspicabilmente di tipo aerobico a bassa intensità. Durante la dieta è opportuno far presente al proprio personal trainer del cambio di regime alimentare e al proprio specialista della nutrizione del cambio di fabbisogno alimentare.